domenica 13 maggio 2012

In attesa



Ti ritrovi in questa sala d'aspetto. Con te ci sono degli estranei. Nessuno ti rivolge la parola, nessuno ti considera realmente. Tutti si godono la reciproca estraneità.
E' un posto asettico. Senza vita. Le pareti sono grigie, i mobili bianchi e neri, tutto tono su tono. Nessun colore, nessun segno distintivo. Ti ritrovi in questa sala d'aspetto, nella mancanza di interesse più totale. Solo con delle persone che non conosci. Insieme a te stesso che conosci troppo bene.
Tic-Tac Tic-Tac Tic-Tac Tic-Tac. Un orologio scandisce monotonamente e inesorabilmente il tempo. Sei lì e aspetti. Attendi qualcosa. Attendi il possibile o l'improbabile, non lo sai.
Ti chiedi perché sei in questo posto. Perché qualcosa si è bloccato e tu sei costretto ad aspettare lì.
Qualcuno in fondo alla sola tossisce. Dopo qualche secondo qualcun'altro tossisce a sua volta. Se per solidarietà o per emulazione, questo non lo sai. E intanto il tempo passa. Inesorabile. Tic-Tac Tic-Tac Tic-Tac. Come una lenta ninna nanna ti abbatte, stancandoti. Eppure, aspetti, aspetti ancora.
Il tizio seduto accanto a te ti rivolge la parola. Dice: <<Visto il tempo?>>. Ti infastidisce.
Sei in attesa e devi sorbirti le sue domande chiuse. Domande a cui non segue una vera interazione sociale. Solo uno scambio d'informazioni, niente di più. Nulla che preveda una personalità. Solo il tempo. Solo l'ora. Solo un'altra cosa noiosa.
Rispondi: <<Sì>>. Segue silenzio, segue altra noia ed estraneità profusa. Come un gas s'espande nella sala, inesorabile proprio come il tempo. Tic-Tac Tic-Tac Sgas-sgas di nonconoscenza Tic-Tac Sgas-Sgas. Ti ritrovi in questa sala d'aspetto, e ne hai proprio le palle piene.
Ti domanda: <<Che numero ha lei?>>. Ti sconvolge e ti infastidisce. Rispondi: <<Che numero?>> Seguono risate. Segue noia e rabbia. Ti guarda e dice: <<E' simpatico sa?>>
Segue momento d'imbarazzo, a cui segue altro momento di noia. Ti infastidisce, ancora.
Prendi coraggio e dici: <<Io non ho un cazzo di numero!>> Ti guarda. Segue pausa. Ti guarda come dio guarderebbe un essere umano, come un uomo guarda una bella donna. Senza motivo, dice: <<Io ho il 53>>.
Un gran bel numero, non c'è che dire. Davvero. Pensi queste cose, in maniera sarcastica. Ti ritrovi in questa sala d'aspetto - purtroppo. Dici: <<Mi presta una penna?>> Segue gesto gentile e caritatevole.
Tic-Tac Tic-Tac. Non hai un numero. Potresti uccidere lo sconosciuto che ti rivolge domande chiuse con quella stessa penna. La gente nella sala è così concentrata su stessa che l'omicidio passerebbe inosservato. Proprio come un miracolo per chi non crede. Proprio come un fenomeno statistico per chi non si occupa di numeri. Non proprio così, ma quasi.
Ci pensi. Sarebbe facile. Il 53 è proprio un bel numero, davvero. Ti avvicini. Fai scattare la penna, così senza motivo. In realtà pensi di aver appena caricato la tua arma. Tic-Tac Tic-Tac Tic-Tac. Sempre più vicino. Click-Click Click-Click. La penna scatta sempre più veloce. Sei lì, in questa sala d'aspetto. Nel silenzio più totale dell'estraneità più desolante. Puoi uccidere, puoi rubare, puoi passare avanti col numero. Tu puoi.
Ce l'hai a portata di mano. Eccoti, in un gesto veloce, assurdo, poetico.
Segue momento di pausa.
Segue momento di ansia.
Dici: <<Grazie>>
Segue sorriso.
Gli ridai la penna. Non ti serve a nulla, non sai nemmeno perché l'hai chiesta.
Segue che te ne alzi e te ne vai.
Basta aspettare. Bisogna uscire, andare fuori, qualunque cosa sia quel fuori.

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