mercoledì 1 agosto 2012

Una vita di citazioni Vol.3

Oggi è il turno di David Grossman. Come tanti altri riesci a racchiudere intere filosofie di vita in singole - splendide - frasi.


Amore è il fatto che tu sei per me il coltello col quale frugo dentro me stesso.


Anche solo immaginare il tuo modo di parlare mi calma. E mi rende felice. Mi scorre nel corpo come una medicina, facendoti gorgogliare dentro di me. Non smettere. Non smettere mai.



Dopo aver fatto l'amore, dormiremo abbracciati. La tua schiena contro il mio ventre. E io stringerò le dita dei piedi attorno alle tue caviglie, come delle mollette, perché tu non possa volar via la notte. Saremo come un'immagine in un libro di scienze: un frutto tagliato a metà, tu la buccia e io il torsolo.



È una legge non scritta: chi vuole starmi vicino deve assumersi la responsabilità della mia anima. Perché qualunque idiota può capire come sia facile uccidermi. Uno sguardo ben mirato basterebbe. Sono convinto che da qualche parte, dentro me, c'è un punto vulnerabile che chiunque, anche uno sconosciuto, può vedere e colpire. Eliminarmi con una parola.



Ma solo per iscritto, lascia che rimanga così. Con la speranza di avere entrambi la forza di combattere ancora le seduzioni della realtà.



Mi stringerai ancora più forte e mi bacerai con tutta l'anima, come se, così facendo, riversassi in me tutto quello che è racchiuso e celato in te, che si aprirà e si svelerà nel mio corpo, piano piano, finché tutto si scioglierà.



Se potessi ti comprerei una casa grande enorme capace di contenere la tua anima e la riempirei con tutti i tuoi sogni grandi e piccoli.



Parleremo una nostra lingua e racconteremo le nostre storie, e ci crederemo con tutte le nostre forze, perché in mancanza di un luogo privato come questo -dove quello in cui crediamo si realizzerà, anche solo per iscritto- la nostra vita non sarà tale; o peggio ancora, la nostra vita sarà solo un vita... Sei d'accordo?



Ma dentro di me esisti in un modo che mi atterrisce.



Per un po' forse continuerò ad urlare il tuo nome a me stesso, nel cuore. Ma alla fine la ferita si cicatrizzerà.



Ma a dire il vero ho parlato solo di te, cos'ho visto in te, e non sono capace di lasciarti andare senza che tu sappia cos'è successo a me in quei momenti.



Ma io ero ancora libero, cioè libero di sbagliare.



E la cosa incredibile è che ho visto come fuggivi senza muoverti dal tuo posto, sfruttando quella momentanea distrazione per sparire.



Qualche tempo fa hai scritto che, se qualcuno rifiuta di conoscere un tuo sentimento particolarmente intenso, ti senti come se quella persona ti stritolasse, ti uccidesse.



Niente fantasie, niente sogni. E se qualche volta ti sei lasciata andare, è stato solo per mezzo d'opere d'arte, pittura, canto, musica naturalmente. Ma sempre giungeva la 'realtà' a sollecitarti. Come si fa con uno schiavo che cerca di fuggire. Allora cosa ti è rimasto? Dove hai vissuto?



Che sollievo. Il sollievo dell'armatura che scopre dentro di sé un cavaliere ancora vivo.



Ogni tua parola è caduta esattamente dove era attesa da anni.

In fondo non mi sorprende. A volte penso che forse, all'inizio, è stata la tua ferita ad attrarmi.



Sai, a volte, mentre ti scrivo, provo una strana sensazione, totalmente fisica, come se prima di poterti parlare fossi costretto a vedere le parole che mi abbandonano in una lunga fila per giungere fino a te, per consegnarsi nelle tue mani.



È il segreto che ti sussurro all'orecchio già da un mese: noi due non siamo vivi! Voglio dire, non in un luogo in cui vigono le leggi ordinarie che regolano i rapporti tra le persone, tantomeno tra uomo e donna. Dove siamo, allora? Non m'interessa saper dove, perché dargli un nome? 


Sarebbero comunque nomi "loro", nomi tradotti, e con te voglio una costituzione diversa di cui saremo noi a fissare le leggi.



Perché a volte, nei momenti più impensati, per strada, puoi sentire l'anima lacerarsi, catturata dalla storia di qualcuno che ti è appena passato accanto.



I tuoi occhi, grandi, scuri e belli, per un istante si sono aggrappati ai miei e insieme ci siamo raddrizzati e rialzati, grazie quasi alla sola forza dello sguardo.



E cosa c'entriamo noi con la realtà? Che spazio sarebbe disposta a lasciarci?



Volesse il cielo che due estranei vincessero l'estraneità.



Hai descritto te stessa per eliminare qualsiasi dubbio, ti sei riassunta in una sola frase, oltretutto tra parentesi. 



Se è davvero così, se ti senti tra parentesi, permettimi allora di infilarmici dentro, e che tutto 
il mondo rimanga fuori, che sia solo l'esponente al di fuori della parentesi e ci moltiplichi al suo interno.


Quando sono con altra gente (mi è venuto in mente stasera, mentre facevo il bagno a mio figlio) – non importa se estranei o molto vicini – c'è un pensiero che non mi abbandona: sanno tutti fare con naturalezza ciò di cui io mi sento assolutamente incapace: mettere radici.



È stupido cercare di spiegare (e tuttavia non riesco a smettere), ma è sempre così per me. In qualche punto, molto vicino, si accumula qualcosa – o qualcuno – che implora di esplodere, soffocherà non trovando uno sfogo e, anche se non mi è assolutamente chiaro cosa – o chi – sia, capisco perfettamente il suo bisogno di erompere, sento chiaramente il suo grido soffocato.



Come se tu mi avessi teso una mano, facendomi superare il confine oltre il quale si trova la luce.


E com'è possibile che chi ha osato esprimere un desiderio così grande alla vita provi anche tanta paura nei suoi confronti?



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