venerdì 20 aprile 2012

Il fu Randy Mellons

Sono Randy Mellons. E questo basta. Vivo di paradossi. Non sono una persona, ma il risultato di un’equazione sociale. Dello sforzo collettivo di tutti quelli che mi hanno incontrato. E no, veramente, non sono affatto una bella persona. Mento. Tanto, spesso, troppo. Dico bugie quando mi fa comodo, perché la verità non è un valore assoluto, non è un dogma da rispettare, ma è semplicemente uno dei tanti elementi che, all’interno di un qualunque rapporto, va dosato con un certo peso. Quel peso nel mio caso è estremamente variabile. Mento ma non inganno. Perché se non dire la verità è un gesto errato sì, ma che può nascere comunque da qualcosa di nobile l’inganno è semplicemente un modo per violare la fiducia di una persona. E sì, sono logorroico. Parlo tanto, tantissimo. Mi piace parlare, mi piace scrivere e comunicare. Questo però si scontra con il mio razzismo umano. Tendo ad allontanare chi non ha un certo valore, e schernire chi non ne ha nessuno. Odio gli idioti, gli allocchi e più in generale chi non sembra mostrare un segno minimo d’intelletto. E di questo non ne faccio mai una vergogna, è una caratteristica come tante. E, badate, ho detto caratteristica non difetto. Il che ci porta alla mia pignoleria. Sono pignolo, ho bisogno di precisione e il più delle volte la richiedo. La mancanza di precisione è mancanza d’interesse o di capacità, o di entrambe le cose. In ogni caso mi offre sempre uno spunto valido per colpire qualcuno, che sia una battuta di spirito, o una cattiveria senza motivo, questo poco importa. Sono superbo. La mia non è una superbia, come dire, dispotica. Non comando nessuno, ne lo voglio, e neppure mi sento direttamente migliore degl’altri. Tuttavia la coscienza che ho di me, l’amore che ho per me, mi porta a farmi sentire “speciale”, per tanto a parità di condizioni, o forse anche no, apprezzerò sempre di più la mia persona prima che altri. La sofferenza è il mio mestiere, il mio dramma, il mio romanzo. Davanti ad essa mi sciolgo. Non posso far a meno di intervenire. Aiutare è quasi patologico per me. Per fortuna anche qui, il razzismo mi da una mano, sono pronto ad aiutare una persona colpita, che ne so, da un male sociale/emotivo/e fisico ma rimango del tutto indifferente di fronte chi, pur soffrendo, ed avendo la capacità di reagire da solo, non mostra la minima voglia di lottare, ma anzi si limita semplicemente a lamentarsi. Trovo inutile chi mette sempre avanti i propri problemi, piuttosto che risolverli. Mi piace la birra. Anzi la adoro. Così come il corpo femminile. Sono un ubriacone, un perverso, un lussurioso. E va fottutamente bene così. Anche l’aspetto più frivolo di una persona, la qualifica, l’importante è non limitarsi nel giudizio. Il che ci porta al mio senso critico. Sviluppato, preciso, artistico. E la mia non è una critica atta a denigrare quanto piuttosto a descrivere e fornire analisi, dimenticando tuttti quei giudizi che creano solo inutile retorica- 
Sto bene da solo. Solitudine e morte non mi spaventano. Ciò che mi terrorizza è l’abbandono, a quello ancora devo trovar rimedio, e forse mai lo troverò. Mi fanno più paura gli amici che i nemici. E ci sarebbe altro da dire, ma tant’è che sono anche pigro, quindi la chiudo qui.          

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ah però :)

Randy ha detto...

Ah peroissimo :D

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