venerdì 20 aprile 2012

Inconcludenze di fine anno


Manca poco. E' arrivato il momento di saltare. Mi avvicino lentamente al baratro, un passo dopo l'altro, guardando timorosamente verso il vuoto, ad ogni infinitesimale movimento sento delle piccole pietre che scivolano giù, scomparendo nel nulla di questo futuro. Apro le braccia quasi a cercare un appiglio. Ho di nuovo tre mesi, mi è tornato il riflesso di Moro. Ed eccoci qui. Sul confine tra quel che sarà e ciò che è stato. STOP.
Torniamo un attimo indietro, ti va? Torniamo a quei dieci secondi dell'anno scorso. Tra lenticchie tutte unte, cotechini dal dubbio sapore ed un esercito di calorie ci si apprestava a terminare un anno fatto di goie e dolori. Nelle mie mani, esattamente nulla, come quest'anno del resto. Strano a dirselo ma, nonostante la condizione sia la medesima, è cambiato tutto. Non avevo nulla è vero, ma il 2011 prometteva più di quello che le mie mani fossero state in grado di trattenere. Era tutto lì. Tutto quello che una persona potrebbe desiderare. Bastava semplicemente tendere la mano, afferare la felicità e mettersela in tasca, come un piccolo monile da portare sempre con se. Avrei considerato il fallimento più come un atto di negligenza che di incapacità. E così è stato. Appena ho teso la mano, la felicità è giunta. Splendida, magnifica, assoluta. Perché in questa vita fatta di sventure, qualcosa stava iniziando a girare bene, favolosamente bene. Incredibilmente ho preso tutto con una felicità a cavallo tra l'arroganza e il miracolo. E andava bene così, andava maledettamente bene. Si dice che il peccato più grande in questi casi è proprio desiderare di più. Sputare nel piatto in cui si mangia. Ma non l'ho fatto, perché sul tetto del mondo, si stata divinamente. E allora quale sono state le mie colpe Randy? Perché poi tutto - nel senso più assoluto che si può dare alla parola tutto - è andato storto. Perché non sempre la vita ti dice bene. Perché un singolo errore può pregiudicare il campionato intero. E no, Guinizzelli al cor gentile non rempaira sempre amor, ti sbagliavi all'epoca, così come ti sbaglieresti ora se saresti ancora vivo. E no, l'impegno, la voglia e la determinazione semplicemente non bastano, a volte tutto va male, semplicemente perché deve andare male. E forse non ci si dovrebbe lamentare. Forse non si dovrebbe fare il conto delle lacrime versate, dei sorrisi persi e delle speranze scompare. Forse non si dovrebbe più mentire. Forse si dovrebbe eliminare le cause di tutte le bugie, di tutte le incomprensioni; le cause delle cose dette a metà, dei volti mai mostrati. Forse è anche giusto così. Forse è proprio così che deve essere. E forse quest'anno ho avuto troppi forse. Forse è il problema è stato proprio il FORSE. E se questa è una certezza, ho impiegato troppo tempo a capirlo. 
E poi, poi nulla, eccoci di nuovo qui, al momento di saltare. Perché saltando mi ribello. Perché saltando avrò modo di andare avanti senza guardarmi indietro. Ed io, caro Randy, chi meglio di me lo sa, non ho mai creduto in nulla. Ma ora è il momento di saltare, è il momento di credere. Il salto della fede. Ed è un salto che devo fare IO non tu, tu resti qua, nell'anno in cui mi hai accompagnato, nell'anno in cui ti ricorderò. A modo tuo, sei stato un amico. Ed io non so se mi sfracellerò al suolo o se, come pensavo poco tempo fa, ho di nuovo le ali adatte per volare. Ma io mi fido. Questo è il mio salto. E' il mio baratro, e se non ho mai creduto in nulla, questo è il momento giusto per iniziare a credere in qualcosa. Ad occhi chiusi, come nel più dolce dei baci, salto. E quello che verrà dopo, potrebbe essere qualsiasi cosa.

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